Pubblicato su politicadomani Num 87 - Gennaio 2009

In nome del bene comune
Una coesione difficile ma indispensabile per salvare Marano

 

Di solito sono le difficoltà e i pericoli a far sì che le comunità si stringano fra di loro per trovare nella condivisione e nel fare fronte comune la forza per superare le crisi. A meno che non abbia il sopravvento l’interesse personale, di parte, o di partito. È il caso di Marano di Napoli, a cui siamo particolarmente legati perché vi ha sede la redazione locale di “politicadomani”.
Abbiamo preso posizione contro la sciagurata decisione del Governo di trasformare la cave del Poligono di Chiaiano in megadiscarica, in seguito alla emergenza rifiuti. Una emergenza reale, scoppiata sui mass media in piena campagna elettorale, che ha inorridito mezzo mondo, ma che, probabilmente, è stata voluta e creata ad arte per fare della Campania, ancora una volta, terra da sfruttare per fare soldi al di fuori di ogni controllo legale sulla pelle dei cittadini. È illuminante, a questo proposito, quanto ci ha detto il Prof. Franco Ortolani su come sfruttando ciò che manca nella legge 225 del 1994, che istituisce la Protezione Civile (e non si vuole integrare), sia possibile il perpetrarsi all’infinito dello stato di emergenza (cfr. pgg. 2 e 3).
Abbiamo seguito da vicino, con articoli e speciali, le proteste e i cortei della scorsa primavera-estate organizzati per sventare la sciagurata decisione che è poi venuta. Abbiamo anche scritto una vibrante lettera aperta al Presidente Berlusconi, che il muro di gomma della sua “corte” ha impedito che arrivasse fino a lui, e che è rimasta perciò senza risposta. Ma, probabilmente, senza risposta sarebbe rimasta comunque.
È questa vicinanza logistica e affettiva a Marano che ci spinge a fare alcune considerazioni su quanto abbiamo visto accadere nel Consiglio comunale di sabato 30 novembre. Un consiglio che ha messo a dura prova la capacità di tenuta della giunta, già ferita dall’abbandono di alcuni consiglieri di Rifondazione passati all’opposizione, dalle dimissioni di due assessori e dall’opposizione interna di un altro. Sorprendenti gli interventi provenienti dalle fila dei consiglieri di maggioranza: abbiamo avuto l’impressione che fosse proprio la maggioranza a voler mettere in crisi il sindaco e l’intera amministrazione. Indipendentemente dalle ragioni di questa asprezza, ci siamo chiesti se i componenti del Consiglio percepissero ancora chiaramente il pericolo discarica che incombe come una maledizione su Marano. Ci siamo chiesti se non fosse, invece, calata su quel Consiglio la cappa pesante della rassegnazione ad un destino fatto di inquinamento ambientale, di malattie, di non crescita, anzi, di degrado generale. Ci siamo chiesti perfino se coloro che quel mattino sembrava avessero abbandonato la buona battaglia, non avessero deciso in cuor loro di abbandonare la città e andarsene lontano. Ma allora, più che rimanere fedeli al mandato del partito - che sappiamo bene dipende da alleanze contingenti e temporanee con questo o quell’altro partito o sindacato, con questo o quell’altro imprenditore o potere economico -, si verrebbe a tradire il mandato della città che, in situazione di emergenza, si è unita attorno ai suoi amministratori nella dura battaglia.
Siamo rimasti delusi, quella mattina, dalle parole di rassegnazione dell’assessore Schettino che, dopo avere combattuto con la popolazione, in epoca di cortei e di discesa in campo per le strade, e dopo aver fatto parte della rappresentanza comunale andata a colloquio con il Commissario Bertolaso per esporgli le ragioni della città, ora sembra avere esaurito le sue energie, pronto com’è alla resa. Siamo rimasti colpiti dall’intervento della giovane Gemma Infantoccio, consigliere di maggioranza di Rifondazione, rimasta dalla parte della maggioranza quando il partito è in parte emigrato nelle file dell’opposizione; un intervento appassionato che aveva tutto il sapore di un atto di accusa nei confronti della amministrazione, di cui fa ancora parte, ma alla quale, in quel momento, “sospendeva” il proprio appoggio a causa dei ritardi nella partenza della raccolta differenziata. A lei, che in quella occasione aveva saputo conquistarsi i complimenti di molti presenti, abbiamo chiesto se pensava che una eventuale caduta della giunta avrebbe portato, se non ad una soluzione rapida dei problemi, almeno ad un miglioramento della situazione di Marano. «Vede lei, in questo momento, una alternativa valida a questo sindaco? La auspica?» Abbiamo chiesto. «No», è stata la risposta chiara, inequivocabile, precisa. La sua opposizione verbale e la sua annunciata astensione (si discuteva il bilancio, ma il dibattito e la misura delle forze erano tutte politiche) volevano solo essere di stimolo a fare meglio e di più.
D’accordo, un po’ di pepe migliora il sapore delle pietanze, ma qui a Marano c’è di mezzo la salute della gente, la tutela dell’ambiente - aria, acqua, suolo - con le sue produzioni agricole, la sua viabilità, le sue prospettive di sviluppo futuro. Chi mai, a parte coloro che con le discariche e gli inceneritori si arricchiscono, dovrebbe decidere di investire proprio a Marano, sui bordi di un megadeposito maleodorante e venefico? Quale sviluppo culturale potrebbe mai esserci? Quali università dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di aprire proprio sul suo territorio? Perché passare proprio da qui per raggiungere Napoli o il mare? Le 700 mila tonnellate di rifiuti che andrebbero a riempire la cava seppellirebbero l’intera città, destinandola inesorabilmente al declino e alla morte.
Prima di giocare a “braccio di ferro”, in Comune, con chi finora, con tutti i limiti che gli si vogliono attribuire, ha dimostrato tuttavia di non arrendersi e di continuare a cercare possibili vie di uscita, e a credere in una svolta positiva (sperando intanto che si verifichino quelle condizioni per cui il motore avviato così alla cieca si fermi), occorrerebbe riflettere se le scelte di oggi non contribuiscano, invece, a indebolire una lotta che dovrebbe essere di tutti, e a favorire così la destinazione della città di Marano a discarica della città di Napoli.

 


Il sindaco di Marano, Salvatore Perrotta, al centro, con Maria Mezzina e Raffaele Gagliardi

 

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